Parte oggi la nostra macchina del tempo che ci riporterà indietro di mezzo secolo per ripercorrere tutta la storia del calcio viggianese dal 1963 fino al 1998 con la nascita della Polisportiva.Trentacinque anni di storia racchiusi in dieci puntate,conditi da ricordi ,foto e aneddoti dei protagonisti non senza un omaggio speciale che riserveremo in una puntata dedicata interamente alla memoria di Ernesto Laneve e Antonio Coviello.Per questo primo decennio finito sotto la nostra lente di ingrandimento ci siamo rivolti a Domenico Imperatrice e Raffaele Colasurdo che hanno scavato nel loro passato ricavando perlopiù qualche aneddoto simpatico anche perché per ora l’unica foto della quale siamo entrati in possesso è questa che vedete. Come abbiamo già anticipato nella settimana scorsa,il primo campo di calcio a Viggiano sorgeva in quello che sarebbe divenuto ed è tuttora un centro di rottamazione di veicoli. Dai primi anni 50 e fino ai primi anni 70 quando fu costruito l’attuale Coviello che una volta si chiamava campo sportivo Santa Lucia,come la contrada dove è ubicato,era su questo rettangolo di gioco di piccole dimensioni che alcuni ragazzi viggianesi si ritrovavano perlopiù nel periodo estivo quando venivano organizzati tornei amatoriali con squadre dei paesi limitrofi. Celebre la rivalità con il Moliterno:è il 1958 e al termine di una partita combattutissima la spunta il Viggiano e i suoi tifosi mettono in scena un funerale con tanto di bara,lumini e processione al seguito per celebrare la dipartita degli odiati rivali. Il compito di radunare e di preparare i ragazzi a queste sfide spettava a Franco Di Lonardo,un impiegato del Consorzio di Bonifica Alta Val d’Agri,originario di Rionero ma che avrebbe trascorso il resto della sua vita a Viggiano anche grazie alla conoscenza con Rosa Laveglia che in seguito sarebbe diventata sua moglie. Di Di Lonardo parleremo più approfonditamente nella prossima puntata con il ricordo dei suoi amici e dei suoi familiari, ma ci occuperemo anche dei fratelli Fabbris che irromperanno sulla scena qualche anno dopo apportando significativi cambiamenti nel calcio viggianese. Di quella squadra che vedete nella foto risalente al 1963 facevano parrte Domenico Imperatrice(per gli amici Mimì ) e Raffaele Colasurdo che oggi ospitiamo nelle vesti di narratori sulle colonne di questo blog.Imperatrice era un difensore centrale che eccelleva soprattutto nel gioco aereo ,Colasurdo era una mezz’ala destra poi emigrato in Svizzera per cercar fortuna,ma da qualche anno è ritornato a Viggiano dove si gode l’agognata pensione. E’ lui a sfogliare per primo l’album dei ricordi,rimasti ancora intatti nella sua mente nonostante siano trascorsi più di 50 anni.E in questo racconto entrano un po’ a sorpresa gli operai che lavoravano nei campi di grano che sorgevano proprio sotto il terreno di gioco, acerrimi nemici dei calciatori per un certo periodo,almeno fino all’arrivo dei Fabbris ,racconta Colasurdo,che provvidero subito a costruire delle recinzioni ed evitare cosi di sentire ogni volta le loro lamentele.Ma prima di questo" sistema di sicurezza", prosegue Colasurdo,il nostro già precario campo di calcio dove non c’erano nemmeno gli spogliatoi,veniva depredato delle porte che gli operai distruggevano segando i pali e facendoli trovare per terra al nostro arrivo.Cosi per sfuggire ai loro “attacchi” avevamo pensato che sarebbe stato più convenevole montarle all’occorrenza ma potete immaginare con quanta fatica .Come traversa invece usavamo una fune e non c’erano le reti per cui a volte non sapevi se il pallone era entrato o meno dando vita a qualche discussione su goal o non goal.I palloni rotolavano via lungo i terreni circostanti e chi aveva il compito di racchettarli doveva affrettarsi perché il più delle volte ve n’era solo uno a disposizione e la partita non poteva riprendere fino a che quella palla non venisse ritrovata e riconsegnataci.Ma com’erano fatti i palloni in quegli anni?Ce ne fornisce una descrizione Domenico Imperatrice.Venivano costruite dai calzolai delle sfere di cuoio di color marrone con una chiusura a laccio ,pesanti un accidente che sovente procuravano ferite ai piedi e alla testa.Talmente pesanti che c’era un po’ di timore quando dovevi colpirne uno,di testa specialmente faceva molto male.Ci portavamo per giorni dei vistosi segni sulla fronte e nel peggiore dei casi anche dei lividi,poi per fortuna prosegue Imperatrice i palloni hanno subito la loro evoluzione ma la mia generazione si è dovuta accontentare di questi.Leggete poi questo racconto che ci fa ancora Colasurdo sull’organizzazione delle trasferte .In alcuni casi ci muovevamo con le biciclette perché a quei tempi potete immaginare che la macchina era un lusso che potevano permettersi in pochi.Facevamo una colletta tra di noi e raggiunta la somma di 500 lire andavamo a fare rifornimento ,altrimenti non mancavano le alternative.e una di queste era il camion che Salvatore Vignola usava per i suoi viaggi e sul quale salivamo proprio tutti ma volete sapere una cosa:è capitato anche che ce la siamo fatta a piedi fino a Tramutola.Ci incamminavamo sin dalle prime ore del mattino ,logicamente facevamo qualche sosta durante il tragitto per rifiatare e poi nonostante il nostro fisico fosse già seriamente e duramente provato riuscivamo comunque ad avere la forza di disputare la partita.Oggi il calcio è diventato sempre più schiavo del Dio denaro ma in quei tempi le squadre offrivano ai giocatori in cambio delle loro prestazioni un paio di scarpe nuove ed una bella bistecca di carne dopo la partita.Mi è capitato racconta Imperatrice, che si facesse avanti il Marsico Nuovo che se non ricordo male giocava in terza categoria,e dopo un pò accettai la loro proposta.E’ stata la mia prima partecipazione ad un campionato di calcio perché a Viggiano la prima società affiliata alla F.I.G.C. sorse solo nel 1974(Gruppo Sportivo Giovanni XXIII n.d.r.) e io nel frattempo avevo appeso le scarpette al chiodo.
Nicola Signoretti
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